Il fenomeno degli haters si sta insinuando nella nostra società; come possiamo aiutare i nostri bambini a sviluppare delle sane competenze emotive?

Dott.ssa Chiara Melchiori, Psicologa e Psicoterapeutica

Chi sono gli haters?

Vengono chiamati anche leoni da tastiera, ovvero persone che scaricano sul web frustrazioni, cattiveria e odio, nascondendosi spesso dietro falsi profili.

Gli odiatori o haters tendono ad andare contro tutto e tutti insultando e seminando zizzania sia verso personaggi famosi che verso le persone comuni. Chiunque può finire nel mirino di un hater.

Ma perché agiscono così?

Tutto parte da una scarsa autostima che li porta a voler nascondere la loro insicurezza e le loro frustrazioni, per sentirsi più forti. A distanza, dietro uno schermo, si sentono meno responsabili di quello che dicono e fanno, si sentono deresponsabilizzati proprio come accade nei casi di cyber bullismo. Inoltre, la mancanza di contatto reale fra l’hater e la vittima, può favorire la deumanizzazione, fenomeno cognitivo nel quale la vittima viene percepita come se non fosse più una persona, con una storia personale, dei sentimenti, cultura e diritti. L'anonimato da loro l’illusione di poter agire senza temere nulla (ma la Polizia Postale vigila!). In realtà, gli haters stessi sono vittime della loro paura, della loro scarsa cultura, della mancanza di empatia.

Cosa fare contro gli haters?

Bisogna dar vita a un processo di delegittimazione della violenza che sempre più spesso pare manifestarsi senza limiti. E’ importante agire a livello preventivo (ad esempio nelle scuole) attivando interventi di contrasto che coinvolgano la dimensione psicologica e socio-culturale delle persone.

Cosa possiamo fare noi genitori per aiutare i nostri figli a differenziarsi o a non diventare vittima degli haters?

Sviluppare una cura del linguaggio

Siamo il loro modello di riferimento, curare la comunicazione che mettiamo in atto, consente di favorire una sana imitazione di un corretto stile comunicativo da parte dei bambini. Ricordiamoci che la capacità d'imitazione è un significativo motore di crescita per lo sviluppo cognitivo del bambino. (Per insegnare a dire grazie o ciao dobbiamo essere noi adulti i primi a farlo)

• Proteggere bambini e ragazzi da una sovraesposizione a messaggi d’odio

E’ importante esserne consapevoli, un’esposizione eccessiva a questo tipo di stimoli può a lungo andare desensibilizzare l’individuo. Il ragazzo si trova a non reagire più in modo critico a uno stimolo aggressivo perché è diventato uno stimolo per lui abituale. (Stiamo attenti ai programmi che guardiamo in TV, anche i bambini che sono in casa li guardano con noi, anche se sembra stiano giocando. La televisione sempre accesa non fa bene a nessuno)

• Favorire lo sviluppo di una comunicazione volta alla collaborazione

La comunicazione va curata anche nelle relazioni con gli altri, è importante imparare il valore del collaborare con l’altro per raggiungere l’obiettivo, non solo primeggiare. (Prestiamo attenzione a quando parliamo dei loro risultati scolastici o sportivi, è importante domandarsi non solo il risultato della prestazione ma anche come vivono i rapporti in classe o nella squadra)

• Favorire assunzione delle loro piccole responsabilità

Fin da piccoli alcune responsabilità, adeguate alla loro età, possono favorire lo sviluppo di una sana autostima. Un’adeguata immagine di Sé può aiutarli a difendersi da comportamenti relazionali non opportuni riducendo la possibilità di essere vittima di bullismo e incentivando la costituzione di una personalità equilibrata e sana.

Stimolare lo sviluppo delle capacità empatiche

Perché favorire lo sviluppo delle capacità empatiche è così importante per lo sviluppo psichico del bambino? Le emozioni servono per adattarsi alla società, hanno una funzione comunicativa all’interno delle relazioni. Servono per poter comunicare fin dai primi giorni di vita, epoca in cui le espressioni emotive del bambino corrispondono a quelle del genitore e viceversa. I dialoghi emotivi sono scambi di segnali facciali, gestuali, affettivi che hanno inizio nell’infanzia e poi si arricchiscono con la crescita.

Servono per regolare non soltanto l’interazione, la relazione ma anche lo stato affettivo interno della bambino. La bambina che dice “ho paura”, “mi sento sola” al padre permette di darle spiegazioni, cioè strumenti per gestire in futuro questa emozione. La frequenza dei discorsi familiari sui sentimenti, sugli stati emotivi di adulti e bambini è in stretta relazione con lo sviluppo della sensibilità sociale. E’ evidente quindi quanto sia importante favorire la comunicazione sulle emozioni, sia per aiutare il bambino a non sviluppare comportamenti irrispettosi nei confronti del prossimo, sia per prevenire la possibilità che sia vittima di fenomeni di bullismo.

Come parlare delle proprie emozioni ai bambini?

Usare parole semplici: triste, solo, emozionato, arrabbiato, infelice, agitato, ho paura e non dimenticarsi mai di spiegarne il perché! Bambine e bambini non sempre sono in grado di capire le situazioni che hanno provocato una determinata emozione; è importante per loro essere aiutati a fare questo collegamento (cosa sta accadendo = come mi sento).